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Guida culturale Alessandro Rovetta
Accompagna Valentina Panara
Tra le corti padane che fiorirono nel corso del Quattrocento, quella ferrarese degli Estensi fu tra le più prestigiose, soprattutto a livello culturale ed artistico. Leonello, Niccolò, Borso ed Ercole convocarono umanisti ed artisti di primissimo livello: Guarino Veronese, Leon Battista Alberti, Cosmè Tura, Francesco del Cossa, Ercole De Roberti, Biagio Rossetti. Qui venne realizzato il primo studiolo umanistico, si avviarono i primi studi sul teatro e l’architettura antica, si impostò uno dei progetti di riforma urbana più articolati del tempo; qui fiorì il genere del ritratto, si realizzarono i più preziosi codici minati rinascimentali. Quello estense fu un umanesimo insieme filologico e fantasioso, capace di recuperare una classicità inquieta e curiosa, audace nel sondarne aspetti poco canonici, come l’astrologia e l’alchimia. È il mondo che domina lo straordinario ciclo di Schifanoia, così libero e magico da affascinare grandi studiosi della cultura simbolica, come Aby Warburg, e grandi storici dell’arte come Roberto Longhi, al quale dobbiamo il suggestivo termine di “officina ferrarese”, che ben definisce quel vulcanico laboratorio figurativo che venne a stabilirsi nel capoluogo estense. Crocevia tra Milano, Venezia e Bologna, Ferrara seppe dialogare con centri anche più lontani, fino alla corte ungherese di Mattia Corvino, proponendosi politicamente e culturalmente come ponte tra Oriente e Occidente: anche Michelangelo il lapislazzulo lo faceva arrivare dai mercati ferraresi.
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